E ora si teme un’ondata di dissesti tra le startup californiane

In un solo giorno dai conti correnti della Silicon Valley Bank sono stati ritirati 42 miliardi di dollari. Oltre un quarto del totale. Mentre inizia a diradarsi il polverone attorno al più grande fallimento di un istituto di credito Usa dai tempi del tracollo di Washington Mutual del 2008.

Il fenomeno si chiama “bank run”, ossia la corsa al ritiro del danaro dai conti correnti, la stampa finanziaria cerca di ricostruire cosa sia avvenuto in un tempo relativamente breve, fino a spingere la Federal Deposit Insurance Corporation (che garantisce i depositi sui conti correnti) a chiudere l’accesso ai clienti e assumere il controllo del gruppo.

Negli Usa i conti bancari sono garantiti fino ad un ammontare massimo di 250mila dollari. Il problema è che buona parte della clientela di questa banca è costituita da investitori professionisti, Pmi del settore tecnologico, startup o imprese avviate che dispongono di conti con cifre spesso superiori alla soglia tutelata. Secondo la stessa Fdic l’89% dei 175 miliardi di dollari in depositi non è coperto. E quando una agenzia dello Stato della California ha lanciato allarmi sulla solvibilità della banca è esploso il panico. Tutti coloro, privati o società, che avevano depositi non tutelati e che erano venuti a conoscenza del dissesto si sono precipitati a cercare di ritirare i fondi prima di finire intrappolati in una procedura fallimentare. L’innesco è partito dall’annuncio nella serata di mercoledì da parte della banca, fino a quel momento ritenuta ben patrimonializzata e solvibile, dell’intenzione di reperire 2,25 miliardi di dollari in nuovi finanziamenti, prevalentemente tramite l’emissione di bond. Una decisione che ha colto di sorpresa, negativamente, gli operatori e i clienti.

Secondo alcune ricostruzioni, la banca si sarebbe trovata in affanno sulle liquidità dopo una prima serie di ritiri di depositi seguiti al crollo di Silvergrade, uno dei tanti gruppi di criptoasset falliti nelle ultime settimane. Silicon Valley Bank aveva già venduto tutti gli asset facilmente cedibili per reperire contanti. E quando ha annunciato l’intenzione di raccogliere nuovi fondi a causa di nuovi nervosismi dei mercati, e nuovi prelievi dai conti, non disponeva di ulteriori margini.

I tentativi di raffreddare la situazione dell’amministratore delegato, Greg Becker, che ha chiesto ai clienti di “restare calmi” hanno avuto l’effetto diametralmente opposto. In poche ore giovedì il titolo Svb ha perso il 60%. E venerdì ha ripreso a collare. Dai quasi 270 dollari di mercoledì è precipitato sotto quota 80 dollari giovedì, e nell’after hours ha proseguito il tracollo ad un valore teorico di 39 dollari.

Sta di fatto che questo disastro finanziario si è verificato anche nell’ambito di un drastico inasprimento della linea monetaria portato avanti in questi mesi dalla Federal Reserve, in risposta alla galoppante inflazione. Proprio questa settimana, martedì pomeriggio, il presidente Jay Powell ha rilanciato la retorica rialzista sui tassi, avvertendo che nel caso in cui tutti i dati lo avessero giustificato la Fed sarebbe stata pronta a riaccelerare gli aumenti sul costo del denaro.

L’autorità federale ha annunciato che i clienti potranno iniziare a ritirare i loro depositi nel pomeriggio di lunedì 13 marzo, ma ovviamente questo non dà alcuna garanzia a coloro che non siano sotto la soglia assicurata. Nei prossimi giorni si vedrà se il dissesto avrà ulteriori ricadute. Intanto ha innescato pressioni ribassiste su tutto il comparto bancario, non solo Usa.